Gioiosa Marea e i rapporti di mafia

Gioiosa Marea non è stata esente da coinvolgimenti in questioni di mafia. Nel 2004 nei Rapporti della Procura e dei Carabinieri la metanizzazione era uno degli argomenti
La geografia criminale messinese, descritta dal ministero dell’Interno, è abbastanza complessa. Sul versante tirrenico operano il gruppo Tortoriciano che controlla l’area dei Nebrodi, dal clan dei Barcellonesi nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto e la famiglia di Cosa Nostra di Mistretta, inserita nel mandamento di San Mauro Castelverde, strategico snodo degli interessi mafiosi palermitani e catanesi in loco. Una lunga scia di episodi inquietanti va segnalata a Sant’Angelo di Brolo: auto in fiamme, furti di autocarri ed escavatori di una ditta che si è aggiudicata i lavori di metanizzazione, minacce agli amministratori fino al pestaggio di un assessore che ha portato il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica a riunirsi d’urgenza nel comune nebroideo. Dietro la catena di attentati potrebbero esserci proprio gli interessi dei clan verso i lavori di metanizzazione che stanno interessando i comuni di Brolo, Piraino, Sant’Angelo di Brolo e Gioiosa Marea. Una pluralità di soggetti che emerge anche dalle tre importanti operazioni su mafia e appalti, portate a termine dalle forze dell’ordine durante il 2003. La prima ha portato alla fine della latitanza di Santo Lenzo, catturato in una frazione di Piraino (Me), un piccolo boss referente della Cosca dei tortoriciani dei Contempo Scavo, per la zona di Brolo. Il comune in questione ha un’alta concentrazione d’imprese edili impegnate in grossi appalti ed in attività di speculazione edilizia. Proprio dalle dichiarazioni di Lenzo prende ulteriore slancio l’inchiesta che porta, a fine luglio, all’emissione di ben 27 ordinanze di custodia cautelare tra Messina e Catania. Si tratta dell’operazione “Omega-obelisco” portata a termine dai Ros dei carabinieri dopo due anni di indagini, sotto la supervisione della Procura nazionale antimafia. Le accuse vanno dall’associazione mafiosa finalizzata alla turbativa d’asta, alla corruzione e all’organizzazione di bische clandestine. Agli arresti domiciliari finisce, invece, un funzionario regionale, accusato di aver pilotato appalti per farli aggiudicare alle imprese vicine ai clan. Nel mirino una ventina di gare truccate nell’area dei Nebrodi. “Lo sfruttamento del meccanismo in questione – si legge nell’ordinanza dei magistrati - impone la creazione di veri e propri cartelli d’imprese che, apparentemente in concorrenza tra loro, concordano la redazione di un numero di offerte sufficiente a spostare il ribasso medio di aggiudicazione e a influire sull’esito della gara indirizzandolo nella direzione voluta. In numerosi casi, alcune delle ditte rientranti nel cartello ricevono la contropartita di ottenere subappalti di una parte dei lavori o addirittura di tutta l’opera oggetto della gara”. Le indagini condotte dai Ros dei carabinieri, avviate dopo le dichiarazioni del pentito Santo Lenzo, confermate da Giovanni Brusca e Nino Giuffrè, hanno portato alla scoperta di un’associazione mafiosa costituita tra le famiglie dell’hinterland nebroideo, della provincia di Messina e di Cosa Nostra palermitana. Un’associazione di insospettabili che tra il ’95 e il 2002 ha tenuto sotto controllo settori economici che vanno dagli appalti pubblici alle cave di sabbia, fondamentali per il subappalto del raddoppio della linea ferroviaria Messina-Palermo. (leggi il rapporto completo)

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