Nel tuo commento all'articolo Un Carnevale sotto la grandine inusuale per Gioiosa Marea trovo una relativa e tutto sommato accettabile incoerenza, trattandosi del carnevale di Gioiosa Marea '2012'. Tuttavia si approfitta per portare una ulteriore critica a certe ‘licenze’ che già negli anni passati sono stati motivo di polemica e contestazione. Si torna a criticare e a definire il nostro paese, il ‘paese dei balocchi’ e a contrapporlo a “paesi più civili”. Ciò dispiace perché Gioiosa Marea ha sempre avuto una rilevante tradizione di civiltà e carnevalesca, assai prima che altri comuni viciniori e siciliani si organizzassero con carri allegorici e gruppi mascherati.
La spontanea tradizione carnevalesca gioiosana era nella Murga e nel Murgo, nella Racchia, nel ballo ‘casa per casa’, nei circoli ricreativi aperti al ballo, nel rito della Vecchia arsa in piazza sul rogo, etc. Poi giunsero i carri allegorici: ci furono stagioni molto belle e perfino uniche, fino a che i centri viciniori non presero anch’essi ad organizzarne. Quindi il carnevale comprensoriale di Gioiosa Marea fu un’ottima idea, ben realizzata per alcuni anni.
Dopo si comprese che era meglio tradurre la vocazione gioiosana nella modalità dei gruppi mascherati, dando vita a costumi e coreografie interessanti e sviluppando un ottimo artigianato nella manifattura degli abiti, spesso belli e raffinati.
Accanto a questo - però - è avvenuto qualcosa che sarebbe meglio non aggettivare e che costituisce per Gioiosa un fatto grave e inqualificabile: la trasfigurazione dei riti e dei personaggi tradizionali del carnevale, dal Murgo alla Racchia, quest’ultima disciolta nell’acido e scomparsa, fatta fuori allo scopo di appropriarsi della ‘storia’ a fini personali e di guadagno.
Tutto questo è degno di realtà dove la libertà non è mai arrivata o è venuta meno, di regimi totalitari che attraverso la disgregazione sociale e la trasfigurazione della storia hanno voluto far perdere l’identità al popolo, allo scopo di renderlo irriconoscibile a se stesso, privo di origini, di radici e di tradizioni: cioè disperato.
Come se la ‘Leggenda di Cola Pesce’ potesse appartenere a un autore prima che alla Sicilia, prima che al popolo siciliano e alla sua identità culturale, che si riconosce in Cola Pesce per i valori dell’amore e dell’abnegazione per la propria terra, per la propria cultura, per la propria identità e per la bandiera.
Lo stesso dicasi per i personaggi popolari, per i miti e per le leggende. Un popolo potrà dirsi libero e “più civile” in quanto si riconosce nei propri avi, nei padri, nei propri valori, nella propria storia. Anche quando la storia è per metà folklore e per l’altra metà mito, cultura popolare. Chi si presta a simili atti di 'pirateria' non dispone dell’intelligenza e della sensibilità per rendersi conto della violenza che tali atti costituiscono.
Così, caro Lucignolo, avrei preferito sentir dire che una cittadina generosa di bellezza e tradizioni, come Gioiosa Marea, possa rischiare di diventare ‘meno civile’ per maldestri tentativi di rubare al popolo la propria lingua (come dice il poeta Ignazio Buttitta), le proprie tradizioni, i propri miti, la storia: l'identità.
Se c’è qualcosa - infatti - di cui questo nostro paese ha bisogno, ancora prima dello svincolo e del piano spiagge, nell’ordine ritengo siano:
1) La pacificazione e l’integrazione sociale
2) Una politica culturale
Riguardo al primo punto non intendo dire integrazione degli extracomunitari ma della stessa gente del luogo, di molti di noi. A presto.
m.m.
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