L’ISOLA PERDUTA di VINCENZO CONSOLO
RICORDO una Sicilia come era da secoli, le sue coste ancora intatte, dove soltanto dopo la fine delle guerre corsare, finita la paura delle incursioni barbaresche - e questo avveniva nel 1830, con la conquista di Algeri da parte dei francesi - s’erano popolati villaggi, tonnare, paesini di pescatori, di contadini, spesso raccolti attorno alle antiche torri di guardia. Quelle torri dette saracene... Paesi armoniosi, anche belli. Di ognuno di questi luoghi, di ognuno di questi paesi, appassionato come sono sempre stato di storie locali, potrei raccontare origini e vicende. E niente, neanche le storie locali, nessuno più può ridarmi la memoria del promontorio di Tindari... Nessuno più può ridarmi la piana di agrumi di Capo d'Orlando, il villaggio di pescatori di San Gregorio, la spiaggia di Calanovella, di Torre del Lauro o di Gioiosa Marea... Perché la vecchia, abietta Sicilia non muore mai. Vergogna! Per loro queste parole di Eschilo, di cui certamente non hanno mai sentito pronunciare il nome: Quale erba cresciuta / nel veleno, quale acqua / sgorgata dal fondo del mare / hai ingoiato... (da “La Repubblica” 3 novembre 2000) (leggi tutto)
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